Singapore è una città stato davvero incredibile, pulizia, scelte ecosostenibili ed un grande rispetto per le culture diverse la rendono un luogo dove dolce è la permanenza, sia essa breve o un pochino più lunga.
Sono passati ormai dieci anni da quando ho visitato per la prima volta Singapore che mi è da subito sembrata molto diversa dal resto dell’Asia che tanto amo, pulizia in ogni luogo, ordine e disciplina anche negli incroci più ingarbugliati, insomma un territorio oltreoceano che merita l’appellativo di “Svizzera d’oriente”. Sono molte le cose che si possono fare a Singapore e alcune di esse prevedono di varcare i confini e di recarsi in Malesia o In Indonesia. Una delle escursioni sicuramente non molto gettonate tra gli occidentali è quella di prendere un traghetto per raggiungere l’isola indonesiana di Palau Batam, che insieme a Palau Bintan compone l’arcipelago delle Riau. L’isola di Palau Batam è raggiungibile dal porto di Singapore con una corsa in traghetto per la durata di circa cinquanta di minuti, il costo del traghetto è di 23 euro ed il tempo per il disbrigo delle formalità frontaliere è abbastanza rapido. Una volta giunti a Palau Batam si può scegliere di partecipare ad un tour dell’isola, un giro del territorio molto gettonato dai turisti asiatici al quale per curiosità decidiamo di aggregarci al costo di 25 euro a persona. La prima tappa di questo tour è una passeggiata in uno dei più grandi centri commerciali dell’isola famosi per avere la possibilità di acquistare merce griffata che solo in pochi casi è originale e che nella maggior parte è un falso davvero fatto bene che per l’occhio meno esperto come il mio è difficile da distinguere, pare infatti che Palau Batam sia uno dei luoghi al mondo dove si confeziona il miglior fake tra magliette, borse, occhiali da sole tutti acquistabili senza tasse aggiuntive. Attività che non mi interessa particolarmente se non per il fatto che in questi enormi casermoni dello shopping generalmente si trova qualche interessante snack locale, oltre ad essere particolarmente curioso vedere come ormai il mondo si sia globalizzato ed il desiderio di possedere oggetti materiali griffati sia ormai fuori controllo.
Seconda tappa del giro turistico è una tappa al tempio di Maha Vitara Maitreya un luogo dove si respira silenzio e ci si distacca dal trambusto dello shopping. A seguire si raggiunge un piccolo parco dove ci sono diversi modelli di costruzioni indonesiane, dalle classiche abitazioni dell’isola di Bali a quelle inconfondibili del Sulawesi con il tetto a forma di corno di bufalo, interessante come luogo anche se non particolarmente esteso. La tappa per il pranzo è sicuramente il secondo motivo, dopo lo shopping, che spinge, gli asiatici soprattutto, a fare un tour sull’isola di Batam, ovvero i ristoranti di pesce molto caratteristici, spesso allestiti su palafitte a ridosso della terra ferma dove si può mangiare pesce in tutti i modi, particolarmente gettonati i crostacei che si possono ordinare direttamente dalle loro vasche di allevamento e cucinati all’istante. Devo dire di non aver mai visto una tale varietà di pesce in un solo ristorante e nonostante dieci anni fa non fosse ancora del tutto vegetariana, non sono riuscita ad assaggiare nemmeno un quarto di quello che in brevissimo tempo è arrivato al tavolo, pesce in tutte le salse, cotto e crudo, sul quale i miei simpatici compagni si sono fiondati in un batter d’occhio. Probabilmente non tornerei mai più a Palau Batam ma è stata di certo un’escursione divertente che mi ha permesso in qualche modo di entrare ancor meglio in contatto con il popolo asiatico e di capire come a pochi chilometri possano esserci così tante disparità sociali come quelle tra Singapore e l’Indonesia.
Altra interessante escursione, sempre effettuabile da Singapore in una sola mezza giornata, è quella verso la città malese di Johor Bahor, a soli 40/50 minuti di bus dalla città con incluso tempo necessario per attraversare la frontiera, almeno nei momenti di minor affluenza. I tour verso Johor costano sui 30 euro ed includono la tappa alla moschea di Sultan Abu Bakar una bella struttura color bianco con enormi minareti affacciata sulla in posizione sopraelevata rispetto alla città, dalla quale si gode di un discreto panorama. Questa moschea è molto ampia, può accogliere fino a 2000 fedeli e spesso viene utilizzata per incontri istituzionali. Lasciata la moschea si fa visita a qualche fabbrica di batik della zona, la Malesia detiene il primato per le stoffe dipinte a mano con le quali si realizzano abiti, borse e fantastici teli da appendere per decorare le pareti di casa con raffinatezza. Si potrebbe stare ore e ore ad osservare la grande maestria delle donne che dipingono le stoffe come pittrici davanti alla loro tela, un’abilità antica ancora diffusa in Malesia ed anche in molte zone dell’Indonesia. L’ultima tappa generalmente è la sosta in un qualche villaggio locale, il cosiddetto kampung, dove ci si immerge nella vita più rurale della Malesia tra bellissimi alberi di frutta esotica e piante officinali raccontate da guide del luogo. Per concludere si assiste a qualche danza tipica che intrattiene i turisti, il tutto finalizzato alla vendita di prodotti locali come saponette, tisane e via di seguito, un’esperienza turistica sicuramente ma al contempo molto interessante e soprattutto distensiva.