LEFKADA TOWN: piccola e gradevole cittadina della Grecia

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La prima volta che sono sbarcata in Grecia risale a davvero diversi anni fa, iniziavano solo allora i primi voli economici verso le varie isole della Grecia e la nostra scelta finì per caso su Creta. Era la fine di Ottobre ed il tempo laggiù era perfetto, sole, temperatura gradevole e turismo, quello bello, senza eccessi prevalentemente fatto di nord europei. Da quella volta la Grecia ha rappresentato il nostro fine estate preferito, ogni anno un isola diversa in base anche alla convenienza del biglietto aereo e l’ultima è stata Lefkada, un isola del Mar Ionio poco distante dalla famosa Corfù.

Il volo dura poco più di un’ora e il suo aeroporto serve non solo l’isola ma anche la cittadina costiera di Parga poco distante, decidiamo di lasciare quest’ultima per il prossimo giro verso la Grecia e aspettiamo il bus locale verso la città di Lefkada. I collegamenti locali da e per l’aeroporto non sono frequenti avrei forse dovuto pensare ad un transfer per velocizzare o un taxi che ci chiede 50 euro per portarci al nostro appartamento in centro. Decidiamo di ottimizzare il tempo prima che arrivi il bus e mangiamo presso il ristorante che si trova proprio di fronte al terminal, frequentato prevalentemente da viaggiatori in partenza o in arrivo, nulla di particolarmente eccezionale anche se devo ammettere che in Grecia trovate una materia prima talmente eccezionale, con frutta e verdura che sanno di frutta e verdura che, una semplice insalata, diventa il paradiso.

Per me anche solo stare seduta su una panchina sbilenca aspettando il bus diventa un motivo di gioia non fosse altro perché il sole ancora caldo della Grecia mi ricarica nel corpo e nella mente e poi sono con Leo(il mio compagno di vita e viaggi)in un posto nel quale mi sento un pochino a casa quindi non potrei chiedere di meglio.

Il bus arriva e con pochi euro si arriva al centro di Lefkada dopo circa una trentina di minuti. La fermata dei bus è piccolina un marciapiede dove fermano tutte le corriere dirette verso molte località isolane, inclusa la città di Parga ma questa volta per noi i giri saranno solo quelli verso il mercato locale, il porticciolo e la spiaggia, veniamo fuori da una primavera ed estate tremenda e per i nostri 4 giorni di permanenza sull’isola vogliamo solo vivere nello yoga, come dico io, contemplando ogni cosa e grati del momento presente.

Alloggiamo in un grazioso e super accessoriato appartamento a pochi passi dal centro, il costo a notte è di circa 40 euro ma volendo in bassa stagione si può risparmiare ancora qualcosa, noi questa volta siamo in Grecia i primi di Ottobre e devo dire che è tutto perfetto come sempre.

La mattina quando mi sveglio per la pratica circa alle 04:30 l’aria è fresca ed il cielo ancora buio devo mettere una felpa per stare bene fuori sul terrazzo per iniziare a connettermi con me stessa ma è bellissimo, la via dell’appartamento e silenziosa e sono praticamente l’unica anima già sveglia a parte il cane del vicino che fa un giro solitario prima di rientrare nella sua cuccia.

Generalmente Leo adora stare in hotel con almeno la colazione inclusa, quei buffet dove si mangerebbe anche le gambe del tavolo senza pudore, io che invece ormai ho rivoluzionato completamente il mio modo d’essere adoro preparare il cibo per me e per chi amo con dedizione e prodotti di qualità e la Grecia è uno di quei posti dove non trovi pentimenti nel farlo, quindi un bel giretto al mercato locale. Leo a fare la spesa di frutta e verdura è davvero fantastico, molto più di me, riesce a selezionare i pezzi migliori e saporiti. Una bella scorta di cetrioli, olive, yogurt, noci, miele e frutta varia ed è come portare la Grecia in una busta. Tutto è talmente buono che per tutti i giorni a seguire, entusiasta anche della cucina nuova e del terrazzo assolato, decido di preparare sempre io i nostri pasti e devo dire che anche Leo, ormai diventato consapevole di quanto sia necessaria un’alimentazione semplice e senza troppi pastrocchi, apprezza tutte le mie ricette pseudo greche che porto a tavola.

Il centro di Lefkada è piccolo si gira agevolmente ci sono localini caratteristici dove prendere un caffè o mangiare ed una serie di vicoletti deliziosi dove intrattenersi a scattare qualche foto. Il ponte di legno di Lefkada è sicuramente l’attrazione più famosa della città, nulla di eccezionale ma la sera i locali si radunano lì con le loro barchette telecomandate e le mettono in questo lungo canale per guidarle nella navigazione telecomandata ed è interessante fermarsi a guardarle, qualche modellino è anche abbastanza grande. Proseguendo in direzione del faro cittadino si trova oltre il canale una spiaggia stupenda poco frequentata, almeno in quel periodo, con acqua cristallina, nessuna distrazione se non il mare e il suo rumore, se si vuole poco distante un piccolo chiosco per prender qualcosa e stop, una giornata così merita di essere glorificata.

Ci sono altre spiagge che si possono raggiungere a piedi dal centro di Lefkada con una quarantina o forse più di cammino, noi abbiamo scelto questa che è la più vicina e ci mettevamo trenta minuti di cammino ma so che l’altra più grande è lunga e piena del colore vivace delle vele dei kitesurfer che sfruttano il vento costante di quella zona, noi invece eravamo riparati dai venti, però sicuramente è bellissima quindi se vi capita di andarci fatemi sapere, per noi in quei quattro giorni andava bene così

La spiaggia di Maspalomas di Gran Canaria uno degli angoli più yogici dell’isola

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Se mi chiedete cosa ho amato di Gran Canaria vi dico tutto, se poi mi dite come si fa a innamorarsi così tanto di tutte le isole Canarie la risposta che voglio darvi è lo yoga. Viene da dire ma in che senso? Lo yoga si vive ovunque se è radicato come lo è in me già da qualche anno, lo si può vivere in una città intasata e puzzolente, nella solitudine di una triste camera di ospedale o addirittura difronte alle tragedie più gravi, però se uniamo i 5 elementi come terra, acqua, fuoco aria e etere, allora diciamo che alle Canarie siamo a cavallo e non solo perché qui questi elementi sono i protagonisti ma perché con sole 4 ore di volo dall’Italia ci si arriva.

Gran Canaria è l’isola principale di tutto l’arcipelago, un vero e proprio continente in miniatura, considerata forse l’isola più hippie fra tutte proprio per la presenza di una bellissima spiaggia che si estende meravigliosa e maestosa oltre l’omonimo faro, sto parlando appunto della spiaggia di Maspalomas. Ora qualche sciocco la prima cosa alla quale penserà sarà il fatto che questa è una delle spiagge per nudisti più famosa probabilmente di tutta Europa e allora ecco che scapperà fuori la risatina e il solito barboso commento: “ecco Ada è per quello che ti piace così tanto questa spiaggia” come se la perversione, la volgarità avessero qualcosa a che vedere con il concetto del naturismo. Premetto che non pratico naturismo anche se non avrei problemi a farlo, da anni ormai ho deciso di vivere il mio modo di essere senza preoccuparmi del giudizio alcuno quindi se al mare sentissi la necessità di girare nuda o completamente vestita lo farei senza troppi problemi peccato però che in Italia o almeno nei posti che frequento io questo non sia possibile senza scadere nella perversione sessuale se parliamo di naturismo oppure ai consueti risolini, ai quali peraltro sono abituata, soprattutto quando mi aggiro in spiaggia coperta dai mie lunghi abiti “indian style” e mala al collo.

Come sempre mi sono dilungata in discorsi accessori ma solo per dirvi che la spiaggia di Maspalomas è imperdibile siate voi amanti della spiaggia nudisti o semplicemente appassionati di kite surf visto che qui le onde sono ideali per chi vuole imparare a praticare sport di vela ma soprattutto se amate lo yoga e la meditazione, infatti spesso vengono organizzate classi di yoga oppure è assolutamente normale trovare persone che lo praticano, insomma anche se ancora non ci sono stata, mi è sembrata una sorta di Goa dell’India infine ma non di poco conto, il tramonto da qui è magnifico. Io personalmente sulla spiaggia di Maspalomas non ho mai visto nulla di particolarmente scabroso magari c’è qualcosa di sconcio al riparo dalle dune che si trovano dietro la spiaggia ma i controlli ci sono e spesso la polizia si fa largo tra le dune a bordo di fuoristrada. Una delle cose che maggiormente ho apprezzato è stato proprio vedere famiglie anche con bimbi piccoli praticare naturismo come fosse la cosa più normale al mondo ed in fondo se ci pensate è la cosa più normale al mondo, siamo nati nudi e non con ciò che la società ha voluto ci mettessimo addosso.

Puerto de Mogan o Puerto Rico? Due piccoli borghi di Gran Canaria da visitare assolutamente

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In genere fare classifiche non mi piace ma è inevitabile che alcuni posti lascino il segno più di altri e quel giorno in cui visitati sia Puerto de Mogan che Puerto Rico fu assolutamente memorabile….

La giornata non era delle migliori e fare una bella escursione fuori da Playa de Ingles era l’ideale, peccato solo che non eravamo gli unici ad aver avuto quest’idea e così prendere il bus con destinazione Puerto de Mogan non fu semplicissimo e lo dico già Puerto de Mogan mi fece battere il cuore da subito, case basse dai colori tenui, fiori rampicanti dai colori sgargianti e dolci montagne a fare da cornice insomma diciamocela, uno di quei luoghi in cui desideri fare mille foto anche agli angoli più anonimi e poi lo shala yoga per me ma quella è un’altra faccenda.

Un paio d’ore sono sufficienti per visitarlo a meno che non si vuole percorrere uno dei sentieri che porta nella parte più alta del paese per godere della vista dall’alto ma noi preferiamo lasciare la terra e prendere il traghetto che ogni giorno fa la spola con un altro paese, super turistico, dell’isola di Gran Canaria Puerto Rico. Il tragitto in barca è incantevole ed a un cero punto l’imbarcazione si ferma in un punto preciso dove tutti iniziano a gridare :DOLPHIN, DOLPHIN….

mi catapulto alla balaustra per vedere ma niente, nessun avvistamento e pensare che la barca si ferma li sempre e butta un pò di pesce perché, a quanto pare, ogni giorno vengono lì a salutare e a prendersi il gradito pesciolino in omaggio ma non quel giorno purtroppo.

Forse la delusione dei delfini o più probabilmente la bellezza di Puerto de Mogan non mi fanno apprezzare Puerto Rico che mi appare un pò finta, un piccolo paese con albergoni a ridosso della roccia alte palme, negozi e tutto il necessario per il vacanziere che alloggia lì, quindi la visita non dura molto il tempo di capire che Puerto Rico perde la gara, si fa per dire e riprendiamo il bus per tornare alla base. Però nonostante la giornata non abbia regalato un sole splendente, non cambierei una virgola e ripeterei tutto uguale magari la prossima volta spero di avvistare uno pinna……

Castel San Pietro Terme tra natura, terme e buona cucina

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Se c’è una cosa che la pandemia mi ha insegnato è che appena si ha la possibilità si deve andare e poco importa se la meta è vicina o lontana l’importante è andare senza rimandare. Così intrappolati in rosso, arancio da settimane anzi mesi appena si vede il giallo, seppur limitato alla sola regione in cui si risiede non resta altro che fare lo zaino, metterci lo stretto necessario e iniziare a salire sul treno, salire sul bus, inforcare un sentiero e fare qualsiasi altra cosa si voglia e che possa assomigliare vagamente a un viaggio nella maniera in cui siamo abituati e devo dire che gli ingredienti ci sono sempre tutti anche se la meta è praticamente sotto casa.


All’età di vent’anni senza un soldo in tasca e il sogno fisso di poter viaggiare io ed il mio compagno con pochi soldi e idee chiare anche lui approfittavamo del fine settimana, per girovagare attorno alla città di Bologna in cerca di qualche luogo dove poterci sentire come villeggianti in cerca di quel brio unico che solo quando si è lontano dalla dimora si può sentire sulla pelle ed erano queste le sensazioni che provavamo quando ce ne andavamo a spasso intorno ai sentieri che circondano il centro storico di Castel San Pietro terme, una cittadina di circa 20000 anime a soli venti chilometri da Bologna la nostra residenza fissa per più di 10 anni.,
Castel San Pietro Terme è una famosa località termale dell’Emilia Romagna, il suo complesso termale è frequentatissimo da primavera ad autunno e molta gente sceglie di effettuare le cure presso questa struttura non solo per l’affidabilità del posto in essere dal 1870 ma anche perché questo è il luogo perfetto dove rigenerarsi e trovare la pace.
Gli hotel intorno al centro termale sono tutti immersi nel verde ed in modo particolare l’hotel delle terme che è l’unico con accesso diretto allo stabilimento termale qui da primavera a autunno c’è bisogno di prenotare con largo anticipo per trovare posto ci sono diverse tipologie di camere e sicuramente quella più rilassante è quella con balcone affacciata direttamente sul verde parco termale, i prezzi al giorno partono dai 50 euro con inclusa colazione e sono anche disponibili pacchetti con inclusi pranzo e cena o posti convenzionati con il ristorante la Torretta, raggiungibile a piedi passando per il parco. Durante la bassa stagione l’hotel rimane sempre aperto e frequentato prevalentemente da lavoratori che scelgono Castel San Pietro Terme per la posizione comoda all’autostrada che permette di raggiungere Bologna o Imola in poco tempo, avendo però la certezza alla sera di tornare in un posto decisamente rilassante, dove al mattino l’unico rumore che si inizia a percepire è il cinguettio degli uccelli. Nei periodi di bassa stagione o in piena pandemia come nel nostro caso l’hotel effettua promozioni interessanti come quella di far pagare una camera di livello superiore come una standard.
L’hotel delle Terme di Castel San Pietro si trova a circa venti minuti a piedi dal centro storico e sempre in questa zona sono collocati quasi tutti gli hotel della zona tutti finalizzati a rendere comodo ai vacanzieri la permanenza termale, cure peraltro effettuabili come accade in tutti i centri termali importanti grazie al servizio sanitario.
Una delle caratteristiche principali di Castel San Pietro Terme è senza dubbio la possibilità di camminare nella natura, infatti nella zona intorno alle terme sono nati con il tempo diversi sentieri che si snocciolano intorno al fiume Sillaro come il percorso ciclo pedonale “Brigata Maiella” questo sentiero ha un importanza valenza storica perché il 17 Aprile del 1945 il secondo corpo dell’armata polacca, il gruppo combattimento Friuli, e la Brigata Partigiana Maiella, tutti aggregati all’ottava britannica si mossero verso Castel San Pietro Terme per liberarla dall’occupazione nazifascista. Tutto il sentiero è lungo 5.3 chilometri e percorre appunto i passi di quei liberatori del passato e immergersi nel silenzio e nella gratitudine.
Ma Castel San Pietro Terme non è solo un posto da visitare esclusivamente per le sue terme il suo piccolo e raccolto centro storico è ideale per una passeggiata al sabato pomeriggio quando i bar di via Cavour praticamente la strada principale del paese dove sotto i portici che sovrastano il marciapiede si può sempre prendere un caffè seduti fuori, peccato solo che il passaggio alle macchine non sia mai vietato ma per fortuna non sono tante. La piazza più grande di Castel San Pietro è Piazza XX Settembre dove si erge anche il palazzo comunale e il Santuario del Crocifisso, una bella chiesa risalente al 1741, una costruzione che custodisce nel suo oratorio un crocifisso molto importante per i fedeli donato dal sacerdote battista Antonio Comelli nel 1543. Dal 1629 ogni quinta domenica di quaresima al santuario si tiene una festa proprio dedicata al crocifisso, purtroppo però attualmente la chiesa è temporaneamente chiusa.
Al paese di Castel San Pietro Terme non manca proprio nulla, dai bar ai negozi, alle botteghe dove acquistare il famoso miele di Castel San Pietro, un prodotto d’eccellenza della zona. Non mancano poi le locande dove mangiare le crescentine, classiche e famose in tutto il bolognese, piccoli pezzi di pasta lievitata alle quali vengono date svariate forme, generalmente come un piccolo panino, che poi fritto in abbondante olio o strutto, si accompagna a formaggi e salumi che si possono definire senza troppa modestia i migliori d’Italia. Se poi si è alla ricerca di un posto dove mangiare oltre a qualche piatto della tradizione anche pesce ed una buona pizza nel forno a legna disponibile anche a mezzogiorno il posto giusto è il ristorante Maraz in Piazza Vittorio Veneto 1, appena fuori dal centro storico a pochi metri dalla strada che conduce alle terme, un buon posto i cui prezzi sono assolutamente ragionevoli.
La cosa comoda inoltre di Castel san Pietro Terme è la sua posizione strategica, si può decidere di arrivare in paese in treno o bus partendo sia da Imola che da Bologna, la stazione dei treni dista una ventina di minuti a piedi dal centro storico mentre il bus numero 101 della linea Atc ferma alla stazione dei bus praticamente in pieno centro. Quindi Castel San Pietro Terme è la località perfetta sia per un fine settimana di relax, sia per una vacanza termale con i fiocchi che una gita fuori porta in qualsiasi momento dell’anno.

PORRETTA TERME UN GIOIELLO DA RECUPERARE

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Se mi imbatto in una sensazione che non mi piace allora ecco che ho imparato a difendermi cercando non tanto di combattere la sensazione ma lasciando che essa fluisca fuori da me. In viaggio ci possono essere sensazioni bellissime e anche un pò meno, riflessioni che fanno sorridere altre un pò meno.

Mi sento turbata difronte al vecchio e anche bellissimo stabilimento termale di Porretta Terme, un piccolo e stupendo paese a un’ora di treno da Bologna, vicinissimo al confine con la regione Toscana. Porretta Terme un tempo fu una località termale di fama nazionale che adesso, non si capisce bene perché, è morta dietro al decadimento delle sue terme, eppure cavoli è bellissima e certamente una vacanza termale sarebbe davvero perfetta non fosse altro per il territorio naturale che ha tutto intorno e che la renderebbe una meta pazzesca sia per il recupero fisico che mentale.

La mia prima visita a Porretta Terme risale ai miei vent’anni quando avevo iniziato la mia nuova vita a Bologna dopo aver lasciato l’ingeneroso sud Italia(ingeneroso almeno sotto il profilo professionale) i soldi erano pochi, anzi pochissimi, tra me e il mio compagno le lotte per arrivare alla fine del mese erano disumane e di certo la domenica il mare, a un’ora di distanza. era impensabile e così dovevamo accontentarci del solito giro in centro o la classica salita a San Luca(per chi non lo conosce è una chiesa che domina Bologna dall’alto dei suoi colli) ma io sono sempre stata uno spirito libero, piena di voglia di scoprire, così se qualche volta riuscivamo anche a farci stare nelle spese anche qualche biglietto di treno o qualche grammo di benzina in più non si perdeva di certo tempo e scappava fuori, l’escursione che per me era come il viaggio dell’anno. Porretta Terme quindi si colloca di diritto tra i posti che per me hanno rappresentato ossigeno e poterci tornare a distanza di anni con il solo scopo di vivere un fine settimana di relax, mi sembrò quasi un sogno.

L’hotel Roma praticamente sul corso principale di Porretta terme è lì da sempre, un tempo quando le terme erano agibili era il punto di riferimento per tutti i vacanzieri, oggi le cose sono un pochino cambiate ma la proprietà è rimasta la stessa, affezionata a quei vecchi clienti che ancora tornano a Porretta terme per prendere un pò di aria buona e fresca almeno in estate. Le tariffe per una camera doppia con una scarna colazione si aggirano intorno ai 100 euro, sicuramente non proprio il giusto rapporto qualità prezzo, ma i gestori sono gentili e amichevoli e la posizione è fantastica.

Non ci sono molte cose da fare a Porretta Terme, i giovani si radunano nei bar della via principale e i bimbi corrono tre le vie del centro storico dove davvero non manca nulla e dove si respira pace e serenità.

Siamo al primo fine settimana di Novembre, l’autunno è già ben radicato, la nebbia ricopre le cime dei monti intorno a Porretta e l’atmosfera è davvero magica, quasi natalizia mi verrebbe da dire. Dal centro cittadino si possono fare un sacco di cammini a piedi infatti se le terme purtroppo sono cadute in disuso il turismo naturalistico è in crescita e per fortuna, perché i panorami che si possono vedere distanziandosi di poco dal centro storico sono mozzafiato. Per un momento mi sembra quasi di essere in Trentino, una piccola baita in lontananza ed il fragore dell’acqua che scorre da un piccolo ruscello mi sento davvero rifiorire insieme a quell’autunno che incombe su tutta la vallata e chiaramente ormai mi conoscete ogni scusa e buona per fare qualche asana di yoga quindi mani giunte sul capo per ringraziare la terra per questo dono.

Insomma Porretta Terme non avrà più le sue terme, che mi auguro come dicono torneranno a risplendere ma è un gioiello come tanti sparsi in Italia, perché come sostengo da sempre io, la ricchezza dello stivale sta nei piccoli gioielli dimenticati e che custodiscono un’anima autentica

IL MANGO DI SICILIA: un concentrato di salute

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Penso alla prima volta in cui ho assaggiato il mango, ero in Sri Lanka insieme ad una preparata e bravissima guida con la quale avevo pianificato un giro in quella terrà straordinaria.

Era la mia prima volta in Asia ormai credo 14 anni fa ed è stato proprio durante quel viaggio che è iniziato il cambiamento, quel radicale cambio di rotta che oggi più che ma mi porta a sognare, desiderare e pianificare di vivere un giorno proprio in Asia. Chissà perché tutte le volte sento sempre la necessità di scrivere quanto amo l’Asia, chi mi legge e chi mi conosce bene ormai lo sa bene ma cavoli è più forte di me devo ripeterlo forse perché scrivendolo e ripetendolo sento ancora più vicina la realizzazione del sogno. Ma torniamo al mango e a come io lo abbia conosciuto. Mentre il caro Sam, la guida di Colombo piena di sapere e bontà, guida tra le scalcinate strade dello Sri Lanka in direzione Candy, una delle città più sacre dell’isola, ferma, accosta la macchina al ciglio della strada ed esce dell’abitacolo senza proferire parola, io e il mio compagno abbiamo pensato si trattasse di un bisogno fisiologico impellente ma così non sarà e dopo una manciata di minuti torna in macchina sorridente e con due grosse buste cariche di non so bene che cosa porgendomene una. Mi guarda e mi dice: “for you, this is the gold of Asia” ricordo ancora quelle parole: per te questo è l’oro dell’Asia il mango un dolce e meraviglioso frutto che quando lo compri in Italia oltre a farti sentire tremendamente in colpa per aver scelto un frutto che per arrivare a destinazione ha prodotto inquinamento, non è affatto buono, il più delle volte acerbo, troppo maturo o completamente senza gusto.

La sera di rientro al mio hotel nel cuore dello Sri lanka il mio unico pensiero era quello di assaggiare quell’oro d’Asia e con una specie di coltellino in plastica mi avvicino ad esso come in procinto di fare un’operazione chirurgica. Fin da subito mi accorgo che aprirlo per finalmente mangiarlo non richiederà molto tempo e alla prima incisione con il coltello la pelle viene via con naturalezza, pelle peraltro che viene ripulita con cura da un simpatico macaco mio amico durante la mia permanenza in zona.

Quando arriva finalmente il momento di assaggiarlo non sapevo bene cosa aspettarmi perchè non avevo mai mangiato un mango fino a quel momento ma ecco che si compie quasi una specie di miracolo, mi sento invasa da un sapere talmente intenso e appagante che mai avevo provato prima con un cibo neppure con le fragole che fino ad allora erano in assoluto il mio frutto preferito. La bontà del mango mi ha stupito, lasciato senza parole tanto da diventare in un sacco di giornate trascorse in Asia fin ora non solo la mia merenda ma anche il pranzo stesso, io che ho sempre avuto un certo senso della misura con il cibo mi sono accorta che davanti ad un mango divento matta.

Ma poi arriva il disastro chiamato CO…. e tutto si complica niente viaggi in Asia ormai da 18 mesi e oltre al dolore immenso per la mancanza di quella che ormai considero la mia casa anche la mancanza del mango. Ma la vita sa essere imprevedibile e la città di Palermo con la sua comunità di induisti più grande d’Italia, gli odori speziati negli angoli di Ballarò diventano quasi un rimedio alla nostalgia dell’Asia ancora di più ora che ho scoperto il mango di Sicilia.

La Sicilia climaticamente è la regione d’Italia più fortunata, le temperature favorevoli consentono la produzione di frutti esotici anche biologici come il mango ed è così che molte aziende agricole si sono specializzate nella coltivazione del mango e di altra frutta esotica con un risultato eccellente che nulla ha da invidiare a quelli asiatici, chiaramente i prezzi sono quelli italiani e quindi se in Asia li compri davvero con pochi spiccioli devi considerare tra i 4/5 euro per un chilo di manghi siciliani, questo almeno al mercato di Ballarò, uno dei simboli di Palermo, dove andavo praticamente ogni giorno durante la mia permanenza. Devo anche dire di aver trovato dei manghi siciliani all’interno del supermercato Lidl al costo di 1.49 euro al pezzo non buoni come quelli di Ballarò che peraltro acquistavo da una cara signora di origini indiane, ma assolutamente “mangiabili”.

La coltivazione di frutta esotica in Sicilia è un’esperimento al quale diverse aziende agricole si stanno indirizzando fin ora con ottimi risultati una fra queste è la Papamango che ha le sue coltivazioni direttamente affacciate sulla costa tirrenica ai piedi dei Monti Nebrodi difronte a quell’incanto di nome Eolie. L’azienda agricola vanta diversi tipi di coltivazione di mango che si estendono su ben 4 ettari di filari mangheti bellissimi, uno spettacolo per gli occhi.La produzione di mango è abbastanza estesa da garantire la vendita al dettaglio da luglio fino a Novembre. Il mango ha tante qualità nutrizionali eccellenti ed un vero e proprio elisir di salute ed anche bellezza perchè la sua polpa diventa un’ottima maschera di bellezza. Insomma il mango siciliano riscuote successo e conferme, tante conferme da parte dai consumatori e da parte mia, una conferma non solo che il mango di Sicilia è buonissimo ma che in quest’isola di sole e mare si può trovare un angolo della mia amata Asia

Terni la città umbra cuore verde dell’Italia

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Sicuramente se c’è una cosa che contraddistingue l’Umbria è il verde, la natura incontaminata e quegli angoli di pace e quiete che rendono unica questa regione. Di città bellissime anche patrimonio Unesco l’Umbria ne conta molte a partire dalla meravigliosa Assisi, l’affascinante Spoleto, la dinamica Perugia e potrei andare avanti così a lungo. La città di Terni devo ammetterlo non può reggere il paragone con le altre sopra citate ma ha il vantaggio di essere inserita in un contesto naturale pazzesco dove a fare da capofila ci sono le rinomate Cascate delle Marmore, belle da togliere il fiato, distanti da Terni pochi chilometri.

Terni quindi è la base ideale per trascorrere una fine settimana o una vacanza più lunga alla scoperta di questo verde territorio che gli ha conferito proprio l’appellativo di città verde. Terni è ben collegata sia con i treni che con il servizio bus di diverse compagnie tra le queste la nuova nata in ambito di trasporto ITABUS con la quale ho viaggiato per la prima volta proprio per raggiungere Terni.

Sia la stazione dei treni che quella dei bus distano circa una decina di minuti o forse anche meno da Corso Cornelio Tacito la passeggiata più famosa di Terni dove la sera il passeggio diventa più animato soprattutto durante il fine settimana, questa strada è un susseguirsi di negozi di grandi brand commerciali e piccoli bar.

La Cattedrale di Santa Maria Assunta è il duomo di Terni oltre che la struttura religiosa della città così come la si vede oggi è il risultato di diversi interventi nel corso del tempo, si racconta che la prima cattedrale fu fatta edificare dove un tempo sorgeva un tempio pagano romano. Purtroppo durante la nostra visita la struttura è chiusa e dobbiamo accontentarci di guardarla solo dall’esterno. Dalla Cattedrale ci spostiamo a piedi senza seguire uno schema preciso ma seguendo le indicazioni indicanti qualche punto d’interesse scoprendo così qualcosa di interessante come Palazzo Bianchini Riccardi, una costruzione risalente al cinquecento la cui paternità non è ancora stata chiarita con certezza e qualcuno pensa possa essere stata realizzata dal Bramante. Questo palazzo è appartenuto alla famiglia Rosci ora a quella Bianchini Riccardi e la fascia che segna il piano nobile è demarcata da una serie di gigli angioini con lo stemma della famiglia Rosci. Il Palazzo è molto elegante e al suo interno custodisce diversi affreschi, al lato del palazzo un piccolo giardino e in un’edicola è conservata l’immagine della Madonna del Cassero unica testimone della presenza di una chiesa che oggi non c’è più. Tra gli altri palazzi storici che s’incontrano nel centro storico di Terni vi è Palazzo Gazzoli appartenuto ad una famiglia borghese che gestiva diverse attività imprenditoriali in città. Fu Luigi Gazzoli ha decidere di costruire il Palazzo su un disegno dell’architetto Andrea Vici affianco venne edificata sia la cappella che la scuderia di famiglia. Nel corso del tempo il palazzo è stato dismesso e negli ultimi anni si è provveduto al restauro destinando l’edificio a uffici pubblici mentre nei sotterranei sono nate due moderne sale auditorium.

Probabilmente in termini monumentali ciò che maggiormente mi ha colpito di Terni è stata Torre Barbarasa questa costa torre era una delle trecento costruite in città intorno al 1600, oggi ne restano ben poche e questa è ancora oggi abitata. Questa torre è stata edificata dalla famiglia Barbarasa a scopo difensivo pricipalmente per difendere i possedimenti della famiglia stessa. L’episodio più importante legato alla torre risale al finire del XVII secolo quando Terni fu investita da un’epidemia di colera e il vescovo Sebastiano Gentili salì sulla torre portando con se la reliquia del preziosissimo sangue conservato in cattedrale per chiedere così protezione per la città di Terni, Una lapide è posta a metà altezza della torre per ricordare l’accaduto.

Terni si gira in poche ore e se si vuole riservare un pò di tempo anche alla visita di qualche museo consigliato è quello Diocesano ospitato nel Palazzo del Seminario adiacente alla cattedrale, all’interno si possono ammirare opere pittoriche e plastiche provenienti da diocesi della zona il museo si può visitare anche con visita guidata prendendo accordi telefonicamente al numero 3405663725..

Passare uno a due notti a Terni per visitare la città e i suoi dintorni è un’idea perfetta anche per chi arriva in treno e bus e alloggia in un hotel poco distante come il Michelangelo Palace che offre camere matrimoniali con colazione inclusa al costo di 100 euro a notte. Per mangiare in città abbiamo trovato qualche difficoltà perché non siamo riusciti a trovare qualche trattoria locale che proponesse piatti della tradizione a prezzi onesti, così ci siamo affidati ai consigli di un signore del posto che ci ha consigliato di mangiare la pizza nella migliore pizzeria della città almeno secondo lui, ovvero Pizzeria Camelot in via Curio Dentato 26 a poca distanza proprio dalla stazione dei treni e di conseguenza del nostro hotel. Il posto non è molto grande e sono allestiti dei tavoli esterni anche se sono posizionati su una strada di forte passaggio, la caratteristica di questo posto è quella di proporre le sue pizze con un’impasto altamente digeribile e delle farciture molto consigliate per i vegetariani, inoltre si possono mangiare primi piatti e antipasti molto leggeri poiché anche la classiche patatine fritte sono preparate con una cottura alternativa, insomma una cena perfetta ad un costo normale come degna conclusione di un fine settimana a Terni, città verde d’Italia.

Cosa fare a Bobbio il borgo più bello d’Italia

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Bobbio è un borgo medioevale situato nella provincia di Piacenza dalla quale dista circa 45 chilometri e poco distante dal confine con la Liguria. Bobbio è una piccola perla incastrata nella bellissima Val di Trebbia, un borgo nel quale andare in qualsiasi stagione dell’anno e che lascia senza fiato non solo per la bellezza dei suoi monumenti ma anche per le innumerevoli possibilità di vivere la natura, partendo proprio dal centro, con lunghe passeggiate sulla Via Francigena che passa per il paese, oppure passeggiate in bici o a cavallo lungo le sponde del fiume Trebbia, un fiume dalle acque limpide che in estate diventa una spiaggia per chi sfugge dalla calure delle città vicine o per gli abitanti stessi che si godono le sponde del fiume come se fossero al mare.


Ho visitato il borgo di Bobbio in un freddo fine settimana di Febbraio quando con le temperature assai rigide, ho avuto il privilegio di vedere finalmente la neve lungo tutta la valle circostante.
Il simbolo storico di Bobbio è sicuramente il Ponte Gobbo la storia di questa antica struttura si perde nella notte dei tempi quando Bobbio diventa un centro di primissima importanza per il monachesimo occidentale infatti qui un monaco irlandese di nome San Colombano fonda un monastero che in breve tempo si trasforma in una prestigiosa biblioteca in cui ancora oggi sono conservati antichi testi latini sulla cristianità.
Arrivando a Bobbio è proprio il Ponte Gobbo detto anche Ponte del Diavolo a colpire, la struttura fu edificata sul fiume Trebbia e passeggiandoci sopra per entrare nel paese di Bobbio l’effetto scenico è davvero notevole, una panoramica sul piccolo borgo e sulla vallata. Bobbio è la destinazione perfetta per un fine settimana italiano, il borgo è abitato da 3500 abitanti, numero di persone che aumenta notevolmente soprattutto con l’arrivo della bella stagione soprattutto da quando è stato eletto da una trasmissione televisiva borgo dei borghi d’Italia, un ritorno d’immagine che ha giovato molto all’economia del paese ed al territorio circostante che ha cominciato a proporre attività d’intrattenimento per turisti proposti da agenzie locali,come trekking, rafting nel fiume ed anche degustazione di prodotti locali che qui vedono l’incrocio di tradizione emiliana unita a quella ligure.
Per iniziare la visita del centro storico di Bobbio si può partire dal Duomo di Bobbio un meraviglioso esempio di arte emiliana del quattrocento, al suo interno interessanti affreschi riscoperti solo qualche secolo più tardi rispetto alla sua edificazione poiché nascosti sotto un fitto strato di calce.
Altro simbolo da non perdere di Bobbio è il Castello Malaspina, costruito durante il Trecento, una roccaforte per i Guelfi mentre combattevano con i Ghibellini di Piacenza. Al suo interno si trova anche una terrazza panoramica dalla quale si può ammirare l’aerea circostante. Ma la bellezza indiscussa di Bobbio la si trova perdendosi tra i suoi vicoli ed ammirando i bellissimi palazzi finemente decorati appartenuti alle famiglie più prestigiose della zona, i Castelli e i Calvi che avevano l’abitudine di decorare le facciate delle loro abitazioni con motivi incisivi proprio per sottolineare la loro potenza.
Il borgo di Bobbio essendo diventato sempre più turistico negli ultimi anni ha visto l’apertura di nuovi bar e ristoranti che propongono la cucina locale come i famosi maccheroni alla bobbiese, pasta fatta in casa grazie all’utilizzo di un ferro da calza poi conditi con ragù di carne. Sarà l’influenza con la cucina ligure ma chi passa per Bobbio non può fare una sosta golosa presso Pizza del Monastero, una piccola panetteria situata in Piazza San Francesco, una bella piazza dove peraltro arrivano e partono i bus da Piacenza a soli due passi dal centro storico, qui il sabato mattino si tiene anche il mercato settimanale dove trovare eccellenti prodotti locali come formaggio di fossa e miele delle vicine aziende agricole. Pizza del Monastero è davvero diventata un’istituzione per chiunque arrivi a Bobbio, pizza al taglio con diverse farciture o classica pizza ligure si può scegliere e mangiare calda seduti all’esterno visto che il locale è molto piccolo e non ci sono tavoli o sedie al suo interno a parte il bancone davanti al quale sarà davvero difficile scegliere, da appassionata quale sono di grani alternativi consiglio l’impasto integrale, i prezzi non sono proprio a buon mercato ma in linea con quelli di altre città intorno ai 16/17 euro al chilo, una bontà che non ha prezzo come la possibilità di visitare Bobbio,una delle tante meraviglie italiane nascoste tra la Val di Trebbia.

BAGHERIA: la città delle ville siciliane

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A soli dieci minuti di treno dalla città di Palermo esiste una città di nome Bagheria che in pochi prendono in considerazione di visitare ma che ha un valore storico altissimo. Bagheria in passato era considerato il luogo per eccellenza per i palermitani benestanti che passavano qui lunghi periodi di villeggiatura, alloggiando in ville bellissime che sono diventate l’emblema della città.

Arrivando in treno da Palermo la stazione dei treni si trova proprio difronte ad una delle tante ville della città, Villa Aragona Cutò risalente alla prima metà del settecento e costruita per volontà di Baldassarre Naselli principe di Aragona. Questa villa è anche conosciuta come Palazzo Cutò e ospita la biblioteca, la sua forma è massiccia e quadrata ed è caratterizzata da un’altana dalla quale si godeva di un bellissimo panorama. I decori al suo interno sono di ottima fattura ed oggi al suo interno è allestita la biblioteca comunale e il Museo del giocattolo Pietro Piraino.


Dalla stazione prendendo una delle qualsiasi vie che vanno verso su si arriva in quello che è il centro di questa città che piccola non è di certo, popolata da circa 56000 abitanti, quindi non manca proprio nulla in città e può essere anche una base eccellente se si vuole sostare in zona qualche giorno per spostarsi verso altre città vicine come Termini Imerese o il piccolo borgo di mare di Aspra sulla costa, distante dalla città pochi chilometri e raggiungibile anche con il servizio pubblico di bus.


Dopo meno di dieci minuti a piedi dalla stazione si arriva in Corso Umberto I, il cuore pulsante della città, molto animato e pieno di negozi e bar dove si concentra buona parte della popolazione a spasso. Fortunatamente è una zona a traffico limitato e quindi ci si può godere una bella camminata senza il caos intenso di alcune ore del giorno.
Purtroppo molte delle ville di Bagheria sono andate distrutte ma a testimonianza della loro grandiosa presenza sparse per il centro si trovano diversi piloni come quello di Villa Mortillaro, questo alto pilone sopravvissuto, segnava l’ingresso nella monumentale tenuta del Marchese Mortillaro, una residenza talmente estesa che arrivava fino alla città di Palermo. Altra residenza assolutamente interessante è Villa Palagonia la cui caratteristica principale è la presenza di sculture grottesche ed è per questo che viene anche denominata villa dei mostri, infatti il viale d’ingresso è sormontato da strane ed inquietanti statue tanto che Goethe, quando visitò la villa, coniò il termine pallagonico, ovvero opera deforme e folle. Il costo del biglietto per accedere a Villa Palagonia è di 6 euro e vale davvero la pena soffermarsi non solo sulla villa ma anche sul giardino che la circonda che ha esso stesso ispirato tante leggende.
Tra un giro tra una villa e l’altra vale la pena anche fermarsi a visitare qualche chiesa cittadina, come quella della Natività di Maria risalente al 1771,il suo prospetto è imponente realizzato in stile neoclassico in pietra di Aspra.


Mi raccomando però di non lasciare Bagheria senza aver assaggiato il famoso Sfincione Bagherese una sorta di focaccia alta e morbida ricoperta di tuma, un formaggio siciliano, acciughe, ricotta, cipolle bianche appassite in padella e mollica di pane tostato, a detta del mio compagno di viaggio onnivoro, una vera bontà, che si compra presso tutti i panifici di Bagheria al meno di 2 euro. Io invece che sono vegetariana sono stata attratta da un cartello esposto fuori da un negozietto di frutta e verdura sul quale c’era scritto pesche di Bivona 3 euro al chilo, ovviamente non potevo esimermi dal comprarle e sono diventate la mia droga nei due giorni di permanenza a Bagheria. Bivona non è proprio vicino a Bagheria, in linea d’aria ci saranno una cinquantina di chilometri e risiede nella provincia di Agrigento, ma è stata l’occasione per scoprire l’ennesima meraviglia della Sicilia, una terra ricca non solo di bellezze architettoniche ma anche di tante, tantissime prelibatezze che madre natura regala.

Il luogo più alchemico della città di Montova

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Che sia stata fin dall’infanzia una persona particolare(diciamo così ah ah ah ah) è sempre stato fuori di dubbio, famiglia e vicissitudini personali mia hanno contribuito a mettermi fuori dagli schemi che la società imponeva e forse ancora oggi impone. Da bambina soffrivo per questa mia diversità, avrei dato qualsiasi cosa per vivere una famiglia classica che faceva le classiche cose che fanno tutti, però a pensarci bene forse se non fosse stato per quella mia strampalata famiglia di ferrovieri io oggi non sarei quella che sono e forse non avrei mai potuto amare i viaggi così come li amo ora e come mi aveva insegnato ad amarli mio nonno. Ad ogni modo crescendo ho aggiunto e tolto altre cose alla mia vita fino a quando non è arrivato il mio amore per i viaggi in oriente e gli studi per tutta la filosofia yogica.


Durante la pandemia la mia vita è di colpo cambiata ho sofferto e soffro continuamente per la mancanza dei miei viaggi verso terre lontane ed anche se fortunatamente tra un blocco e l’altro sono riuscita a scoprire anche quei luoghi più vicini a me ma altrettanto belli, mi sono resa conto che quello che voglio adesso non è solo raccontare un’esperienza di viaggio, dare consigli su quale bus, treno, aereo o via da prendere ma voglio provare a far amare anche lo yoga e non solo come pratica delle posizioni, come ormai buona parte degli occidentali sono abituati a pensare riferendosi allo yoga, ma come esperienza di pura connessione con se stessi. Ci sarebbero molte cose da dire a riguardo e ho deciso che d’ora in avanti probabilmente inizierò a raccontare sempre un pezzettino di yoga in viaggio così che magari qualcuno possa iniziare a vivere il viaggio sotto un aspetto diverso.
Iniziando così a raccontare questo infinito viaggio yogico, la mia mente corre ad un posto assolutamente insospettabile che è la città di Mantova, patrimonio Unesco, capolavoro d’arte in ogni suo angolo, uno dei tanti fiori all’occhiello della regione Lombardia.


Mantova offre l’opportunità di trascorrere un paio di giorni immersi nell’arte, ogni angolo nasconde una bellezza architettonica, ma a parte i tanti monumenti ed i musei, la cui visita è assolutamente imperdibile e di cui ogni guida racconta, l’angolo più suggestivo della città di Mantova rimane lungo il fiume Mincio che costeggia la città. Il Fiume Mincio è navigabile grazie alle due compagnie fluviali che propongono giri in questo parco naturale, un’attività assolutamente da non perdere. Ma è proprio dirigendosi sul lungo fiume di Mantova che si possono vivere immensi momenti yogici. Il fiume è costeggiato da una bella pista ciclabile che conduce addirittura a Peschiera del Garda in 45 chilometri. La mattina molto presto, quando ancora la pista non si è riempita di giovani in cerca di ombra e chiacchiere tra amici, le biciclette e i pedoni non sono ancora tanti e gli unici assidui frequentatori sono solo i pochi pescatori immobili e silenziosi desiderosi che un bel luccio abbocchi al loro amo per poi rimetterlo in acqua dopo averlo pesato e ammirato per bene, ecco che il momento yogico è perfetto. Gli alberi intorno alla pista affondano le loro radici a pelo d’acqua e non c’è nulla di più appagante che stringere al petto un pezzettino del loro grande tronco ed abbandonarsi in un caloroso momento di meditazione in cui tutti gli elementi della natura sono al completo in un perfetto equilibrio naturale.