DIARIO DI VIAGGIO: DA SANTIAGO DI COMPOSTELA A PONTEVEDRA I PERCORSI NASCOSTI DEL CAMMINO DI SANTIAGO

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Faccio una delle mie solite premesse: di racconti sul cammino di Santiago, esperienze mistiche, consigli illuminazione e tanto altro il web, la carta è piena, ad un cero punto della mia vita mi sembrava che se non si faceva questo cammino eri finito e così mi sono detta, ok devo farne un piccolo tratto, devo poter vedere le frecce gialle su fondo blu che indicano la strada verso San Giacomo. Si ma non voglio dire di averlo fatto tutto come ad esibire un trofeo che poi comunque non sarebbe vero visto che ne ho fatto solo 60 chilometri, non voglio mettermi parole in bocca che di vero hanno ben poco, voglio provare a sentire e poi magari decidere se ritornare per farlo tutto oppure mi basta solo un pezzetto. Vorrei aggiungere un sacco di altre cose ma ho come la sensazione che chi mi leggerà capirà al volo cosa provo, ho come la sensazione che il mio “non è stato abbastanza” verrà forse compreso da chi ha capito che ormai la mia è una spiritualità che verte prepotentemente verso l’Oriente e non perché in Asia ci sia una religione migliore della mia cattolica, qui la religione non conta proprio nulla, semplicemente il mio vivere la spiritualità è un mezzo non per chiedere qualcosa ma per entrare in contatto con me stessa, una me stessa che per troppo tempo mi è stata sconosciuta e in questo l’Asia è stata fondamentale perché mi ha fornito gli strumenti migliori che potessi chiedere, ma poi si sa tutto è relativo e soggettivo e se qualcuno ha trovato questa chiave di lettura percorrendo il sentiero che conduce a Santiago de Compostela, allora che ben venga.

Arriviamo all’aeroporto di Santiago di Compostela nella regione della Galizia a nord della Spagna, in un freddo pomeriggio di Gennaio inoltrato abbiamo lasciato il sole di Gran Canaria per provare a camminare le strade della tanto decantata spiritualità in un mese che non è di certo il massimo ma che è quello che gli incastri della vita permettono. Raggiungiamo con uno dei bus del trasporto locale la stazione dei treni di Santiago per prendere subito uno dei frequenti treni della Renfe per Pontevedra una città della Spagna a circa 60 chilometri da Santiago de Compostela che non è neppure segnata sulle mappe dei percorsi classici del cammino di Santiago ma che è una sorta di appendice, un raccordo verso Santiago di circa 60 chilometri quello è stato per noi il tragitto percorso per arrivare al cospetto di San Giacomo. Forse non ci saremo aggiudicati il trofeo di tanti viaggiatori ma è stata comunque un’esperienza forte che mi ha fatto capire delle cose e se qualcuno mi chiedesse se ho sentito l’illuminazione gli risponderei no…. non mi sono sentita come in altri luoghi del mondo ma sicuramente ho aggiunto un altro tassello alla mia conoscenza di me…..to be continued

Il treno da Santiago de Compostela a Pontevedra impiega meno di un’ora da stazione a stazione la compagnia Renfe è l’equivalente di Trenitalia anche se devo ammettere che dalle mie esperienze in Spagna mi è sembrata più puntuale ma treno e puntualità a parte il viaggio fila liscio. Durante una giornata ci sono diverse corse da Santiago a Pontevedra, il costo del biglietto è sui 5 euro e non c’è bisogno di acquisto anticipato. Alloggiamo all’hotel Virgen del Camino con 80 euro abbiamo una camera doppia con inclusa colazione la posizione è molto centrale e per il resto la struttura non è niente di che, una cena veloce ed il giorno dopo ci si mette in cammino. Non è semplice trovare l’imbocco giusto ma dopo qualche tentativo eccoci in direzione Santiago. A Gennaio inoltrato non ci sono molti camminatori anzi diciamo pure che siamo i soli, l’umidità è elevata e il freddo sostenuto anche se non se camminando ci si riscalda in fretta, ovviamente la mia cervicale non è contenta di questo sbalzo climatico dalle Canarie a qui ma sono abituata a non lamentarmi anche perché ero assolutamente consapevole di cosa avrei trovato. Una distanza di 60 chilometri si fa in fretta noi abbiamo fatto 20 chilometri al giorno senza correre e ci è andata bene considerato il fatto che il tempo, umidità a parte, ci ha graziato e abbiamo anche visto il sole. Il primo giorno di cammino ho passato tutto il tempo a fotografare i segnali blu e gialli che indicavano il cammino poi per fortuna ho smesso e ho realizzato di essere lì su quella via. I sentieri sono tenuti bene a parte l’incuria dei camminatori stessi che per lasciare un segno del loro passaggio e io aggiungo, sciocco passaggio, hanno appeso sui rami di molti alberi centinaia di mascherine un gesto davvero deprecabile.

Arrivati verso Santiago fa sicuramente un cero effetto vedere il campanile in lontananza, a distanza di quasi un anno sto ancora cercando di comprendere se l’emozione era dettata dal fatto di essere giunti alla fine e quindi raggiunto l’obbiettivo o perché era proprio il cammino di Santiago, a questo forse non voglio neppure dare una risposta, in definitiva l’ho fatto e non ho mai smesso di tenere il mio mala al collo o di pregare il mio mantra ma questo infondo lo faccio anche sulla strada da casa al supermercato perché fa parte di me ed ora raccontandolo a voi mi sento così appagata che forse l’obbiettivo, semmai io ne abbia avuto realmente uno, è raggiunto e spero davvero che questa consapevolezza possa arrivare a tutti qualsiasi sia la strada che si scelga di percorrere.

La spiaggia di Maspalomas di Gran Canaria uno degli angoli più yogici dell’isola

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Se mi chiedete cosa ho amato di Gran Canaria vi dico tutto, se poi mi dite come si fa a innamorarsi così tanto di tutte le isole Canarie la risposta che voglio darvi è lo yoga. Viene da dire ma in che senso? Lo yoga si vive ovunque se è radicato come lo è in me già da qualche anno, lo si può vivere in una città intasata e puzzolente, nella solitudine di una triste camera di ospedale o addirittura difronte alle tragedie più gravi, però se uniamo i 5 elementi come terra, acqua, fuoco aria e etere, allora diciamo che alle Canarie siamo a cavallo e non solo perché qui questi elementi sono i protagonisti ma perché con sole 4 ore di volo dall’Italia ci si arriva.

Gran Canaria è l’isola principale di tutto l’arcipelago, un vero e proprio continente in miniatura, considerata forse l’isola più hippie fra tutte proprio per la presenza di una bellissima spiaggia che si estende meravigliosa e maestosa oltre l’omonimo faro, sto parlando appunto della spiaggia di Maspalomas. Ora qualche sciocco la prima cosa alla quale penserà sarà il fatto che questa è una delle spiagge per nudisti più famosa probabilmente di tutta Europa e allora ecco che scapperà fuori la risatina e il solito barboso commento: “ecco Ada è per quello che ti piace così tanto questa spiaggia” come se la perversione, la volgarità avessero qualcosa a che vedere con il concetto del naturismo. Premetto che non pratico naturismo anche se non avrei problemi a farlo, da anni ormai ho deciso di vivere il mio modo di essere senza preoccuparmi del giudizio alcuno quindi se al mare sentissi la necessità di girare nuda o completamente vestita lo farei senza troppi problemi peccato però che in Italia o almeno nei posti che frequento io questo non sia possibile senza scadere nella perversione sessuale se parliamo di naturismo oppure ai consueti risolini, ai quali peraltro sono abituata, soprattutto quando mi aggiro in spiaggia coperta dai mie lunghi abiti “indian style” e mala al collo.

Come sempre mi sono dilungata in discorsi accessori ma solo per dirvi che la spiaggia di Maspalomas è imperdibile siate voi amanti della spiaggia nudisti o semplicemente appassionati di kite surf visto che qui le onde sono ideali per chi vuole imparare a praticare sport di vela ma soprattutto se amate lo yoga e la meditazione, infatti spesso vengono organizzate classi di yoga oppure è assolutamente normale trovare persone che lo praticano, insomma anche se ancora non ci sono stata, mi è sembrata una sorta di Goa dell’India infine ma non di poco conto, il tramonto da qui è magnifico. Io personalmente sulla spiaggia di Maspalomas non ho mai visto nulla di particolarmente scabroso magari c’è qualcosa di sconcio al riparo dalle dune che si trovano dietro la spiaggia ma i controlli ci sono e spesso la polizia si fa largo tra le dune a bordo di fuoristrada. Una delle cose che maggiormente ho apprezzato è stato proprio vedere famiglie anche con bimbi piccoli praticare naturismo come fosse la cosa più normale al mondo ed in fondo se ci pensate è la cosa più normale al mondo, siamo nati nudi e non con ciò che la società ha voluto ci mettessimo addosso.

Dove trovare angoli di Asia a Palermo

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In via dei Candelai numero 33 esiste un tempio di nome Mariammen Kovil dove tutta la comunità induista di Palermo s’incontra per vivere la fede e la tradizione di un popolo che ha saputo integrarsi con armonia all’interno di una delle città più multietniche d’Italia, una città dal sapore esotico dove bellezza architettonica, storia e cultura s’intrecciano in un abbraccio denso di straordinaria passione, facendo di Palermo una città unica nel suo genere.
Dopo la mia seconda visita alla città di Palermo spero ancora di poterci tornare altre mille altre per tantissimi motivi tra i quali il principale è quello di ritrovare in qualche maniera la cultura induista che qui è ben salda tra la nutrita comunità di induisti divisa tra mauriziani, tamil dello Sri Lanka, induisti del Bangladesh, dell’India e del Punjab.
La comunità induista che risiede a Palermo è ben integrata e a frequentare il tempio settimanalmente sono circa 150/200 persone, un luogo comunque aperto a chiunque voglia dedicare una preghiera indipendentemente dal credo religioso così come ho fatto io, arrivando nella città in un assolato sabato pomeriggio di metà ottobre. Incredibile non è solo vedere come questa comunità sia ben inserita ma come nel corso del tempo le loro abitudini e tradizioni si siano mantenute ben salde, come per la celebrazione della festa estiva dedicata al Dio Ganesh, figlio di Shiva e Parvati, che si festeggia generalmente tra agosto e settembre, ricorrenza alla quale un giorno spero di poter partecipare anche io. La festa di Ganesh è un’occasione di festa per gli Induisti di Palermo e quelli di altre comunità che fanno anche un lungo viaggio per non perdersi i rituali presenziati da Goburdhun Dayanand, il presidente Ganesh Mandir Palermo, inoltre spesso vi presenziano anche autorità locali come il sindaco di Palermo stesso. Il cerimoniale in onore della divinità con la testa di elefante prevede una processione della statua di Ganesh che, per l’occasione, viene abbellita di fiori rigorosamente veri e altri abbellimenti ecologici che poi, una volta arrivati in spiaggia, si disperdono tra le acque del mare dove la statua viene immersa come simbolo di purificazione per tutti. Ganesh è una delle divinità più venerata dell’Induismo si dice che sia la forza dell’elefante di cui ha il volto e la forza del topo, le preghiere a lui rivolte hanno il compito di conferire forza fisica e mentale eliminando i problemi.
Ma a Palermo se ci si vuole immergere in questo suo aspetto multiculturale e trovare qualche scorcio d’India lo si può fare entrando in qualche negozio di abbigliamento o oggetti quasi tutti made in India di via Maqueta oltrepassata la bella piazza Massimo in direzione stazione, qui piccole botteghe di bigiotteria o abiti indiani si mescolano con altrettanti oggetti provenienti dal nord Africa. Oltre alla buonissima gastronomia siciliana a Palermo ci si può sempre concedere un buon piatto di curry indiano e molti altri piatti della tradizione, cucinati abbastanza bene, da provare assolutamente il Bombay Grill e Curry in via Maqueda 183 dove trovare i classici samosas oppure il biryani, un piatto di riso disponibile sia nella versione vegetariana che con carne.
Insomma mi rendo conto di essere in costante crisi di astinenza da Asia e durante il nefasto 2020, anno di pandemia in cui tutti i miei spostamenti verso l’Asia e non solo sono saltati, il mio viaggio in Sicilia ed in particolare a Palermo è stato un pò il mio rimedio contro il mal d’Asia, oltre al fatto che Palermo è una città della quale ci si innamora al primo colpo d’occhio.

Incontri con Yogi fantastici- il viaggio come dimensione dello spirito

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Viaggiare è senza dubbio una delle attività più belle al mondo che dovrebbe far partire leggeri e rientrare carichi, ma non di oggetti talvolta anche inutili,ma di emozioni e insegnamenti che non andrebbero dimenticati neppure per un istante nella nostra vita quotidiana.

Se faccio un passo indietro con la memoria di Yogi veri,ovvero persone che hanno scelto davvero di vivere in connessione con Dio e la natura, ho avuto il privilegio di conoscerne diversi e tutti mi hanno lasciato la voglia incredibile di andare avanti nel mio percorso e di seguire la strada autentica di uno yoga che nulla ha in comune con le mode sbarcate nel mondo”dei potenti”. La lista di tutte le persone che hanno lasciato un segno profondo nel bene e nel male,in questa mia impetuosa ricerca del Sé è davvero lunga,ne citerò solo alcune con l’intento preciso di comunicare quanto sia necessario iniziare a vivere il viaggio, sia esso a migliaia di chilometri che a pochi passi da casa, come un’occasione unica di liberarsi del superfluo ed a vivere il mondo consapevoli della grande fortuna ricevuta, quella di scoprire che qualsiasi cosa sia a noi scontata può non esserlo per gli altri.

Filippine ormai diversi anni fa,un paese che come pochi mi ha aperto gli occhi ed il cuore, per circa due settimane io ed il mio compagno siamo rimasti su di un’isoletta grande come un campo da calcio praticamente come unici ospiti stranieri di un minuscolo resort(se così si può chiamare) costruito in perfetta armonia con la natura. Il tempo è volato e le uniche cose che abbiamo fatto oltre altre ad un pò di snorkeling in un mare strepitoso, è stato passare con la piccola piccola comunità che abitava l’isola il resto del tempo. La mattina intrattenevo tutti con una lezione yoga a piedi nudi sulla sabbia suscitando lo stupore degli anziani che mi guardavano con curiosità, il pomeriggio si cantava con i più giovani ragazzi pieni di sogni e con la passione per la musica coreana che nelle Filippine è particolarmente apprezzata. Tra me e Swahili, una delle più giovani del gruppo appena diciottenne , è scattato subito un feeling profondo, sognava di conoscere Papa Wojtyla, al tempo ancora in vita, questa giovane donna dagli occhi scuri e grandi è riuscita a insegnarmi molto,a farmi capire cosa sia l’arte del donare, donare senza aspettarsi nulla in cambio se non la gioia di fare un gesto.

E poi c’erano i tramonti da vivere tutti insieme con la piccola comunità dell’isola come fossimo tutta una famiglia, ci si sedeva sul pontile e si guardava il sole che lento e inesorabile si immergeva nelle acque del mare, sperando intanto, che i delfini ci facessero l’onore di passare da quelle parti per un saluto. E poi arrivò anche Natale, una festa celebrata con vero spirito di aggregazione  dove si mangiava il maialino arrosto, una pietanza che si aveva il privilegio di mangiare solo una volta all’anno,un banchetto al quale partecipava anche il più anziano del villaggio,il più amato e rispettato della comunità, Sam che,superati gli ottanta egregiamente,passava tutto il suo tempo dedicandosi alle piante e alla preghiera consumando ogni giorno della sua vita un solo e frugale pasto a base di riso in bianco accompagnato da un bicchiere di acqua, un piatto che mangiava sempre con gusto e profonda gratitudine al quale neppure per la cena di Natale seppe rinunciare,lasciando  ai giovani la gioia di mangiare la carne tanto sognata.

Ecco allora che questi sono gli yogi autentici,quelli che non hanno bisogno dei pantaloni colorati e le magliette attillate per mostrare al mondo il vero senso dello yoga.

GARDEN OF DREAMS IL POLMONE VERDE DI KATHMANDU

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Se immagini la città di Kathmandu, vedi qualche foto curiosando tra una libro e l’altro, ti vengono in mente strutture religiose imponenti, nonostante la distruzione del terribile terremoto del 2015, di certo mai puoi pensare di trovare un bellissimo spazio verde pieno di piante esotiche e particolari proprio in centro città. Continua a leggere

Thamel il quartiere più famoso di Kathmandu, un punto d’incontro per yogini,backpackers e escursionisti

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Thamel è il quartiere più turistico di Kathmandu uno di quei posti speciali dove si può sostare per pochi giorni o dove, come nel mio caso,ci si abitua a stare in pianta stabile per una decina di giorni. Continua a leggere